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futuro.
Ora, quando ci rifletto, mi immagino cosa sarebbe potuto accadere se avessi chiamato G.G. a New
York. A mamma non gliene sarebbe fregato niente se io fossi andata da lui: lei non aveva più bisogno di
me come nel passato. Ma la verità era che non potevo sopportare il pensiero di perdere Marty. Stavo
male, stavo veramente male.
Così me ne andavo in giro per la città. E naturalmente stavano accadendo anche cose piuttosto irritanti.
Stavo scoprendo che io per la legge ero una bambina.
Per esempio, sapevo guidare sin da quando avevo dodici anni, ma in California non potevo prendere la
paten-te finché non ne avessi compiuti sedici. Non potevo entrare nei posti dove si servivano alcolici
anche se volevo solo una Coca Cola o sedermi a un tavolo per ascoltare il comico che stava recitando. E
non potevo, naturalmente, fidarmi dei ragazzi che incontravo. Non potevo raccontare a nessuno la mia
relazione con Marty.
Non ero come loro. Non comprendevo quello strano intruglio di maturità e infantilismo: da un lato erano
davve-ro dei duri i ragazzi di Los Angeles ma dall'altro proprio dei bambini. Non riuscivo a capirli. Chi
erano stati i miei amici nel passato? Trish, Jill, Blair Sackwell, il mio papà. Questi. Non dei ragazzini.
Le cose rimanevano a un livello superficiale, quando non del tutto falso. Nessuno di questi nuovi rapporti
era reale.
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Be', naturalmente Marty si presentò allo Château Mar-mont. Se non lo avesse fatto, penso che la mia
fede nella vita sarebbe stata completamente distrutta. Voglio dire che nes-suno venne per capire cosa mi
fosse successo. Non so cosa volessi allora tranne, forse, vederlo per dirgli che non sarei andata a letto
con lui finché lui andava a letto con mamma. Ma credimi, non ero preparata per la scenata che mi fece.
Questo fu il suo primo grande numero da melodramma. Si presentò in piena notte alla porta del
bungalow. Ed era in un tale stato, quando entrò! Voleva sapere, prima di tutto, che razza di famiglia fosse
la mia. Non gliene fregava niente che io stessi vivendo lì, al Sunset, in un posto come lo Château, senza
alcun controllo? Di nuovo quella parola. Risi.
«Marty, non mi rompere le palle con questa storia», dissi. «Vieni a svegliarmi solo per dirmi che la mia
famiglia non se ne fotte un cazzo di quello che faccio io. Io lo so già fin da quando avevo due anni».
E la scuola?, domandò. Nessuno della famiglia se ne fregava che non andavo a scuola?
«Tu, provati a suggerir loro questa cosa e io ti uccido, Marty», dissi, «e ora esci dalla mia camera e
lasciami in pace».
Allora sembrò molto imbarazzato e sconvolto e quasi si mise a piangere, mentre mi diceva che Bonnie
chiedeva di me e non capiva perché non fossi mai a casa.
«Dimmelo tu il perché!», dissi. E piangevo.
E, senza dire altro, ci ritrovammo una nelle braccia dell'altro. Dicevo di no, naturalmente, continuavo a
dire di no, ma non dicevo sul serio e lui lo sapeva. Finimmo a letto insieme e si ripeté quello che era
sempre accaduto. Immagi-no che dietro la dolcezza ci fosse anche dell'amarezza, ma fu meglio così, e
dopo Marty era ancora lì, che mi stringeva, cercando di dirmi in quale inferno era caduto.
«Lo sai, tesoro, mi fa pensare al vecchio detto: "Sta' attento a ciò che chiedi, perché potresti ottenerlo".
Bene, l'ho fatto. Ho chiesto Bonnie, ho chiesto uno spettacolo che fosse il numero uno: e li ho avuti,
tesoro, ma non sono mai stato così infelice in tutta la mia vita».
Non gli risposi. Piangevo sul cuscino. Pensavo cose pazze, del tipo, e se ci sposassimo, se fuggissimo a
Tijuana, e poi una volta ritornati glielo dicessimo, che cosa succede-rebbe? Ma sapevo che nulla del
genere sarebbe accaduto, e la rabbia che sentivo dentro di me bruciava tutte le parole che avrei potuto
dire.
Marty continuò a parlare. Continuò a dire cose, fin quando non capii che cosa stava venendo fuori. Mi
stava dicendo che aveva bisogno di me, che non ce la faceva a stare senza di me, che non ce l'avrebbe
fatta ad affrontare la stagione televisiva se le cose restavano in quel modo. «Devi tornare a casa, Belinda,
devi. Devi cercare di considerare questa cosa da un altro punto di vista».
«Stai scherzando? Pensi che io vivrei lì, a casa con te e mamma e senza che lei sappia che tu vieni a letto
anche con me?».
«Belinda, una donna come tua madre non vuole sapere le cose», disse. «Ti giuro, non vuole. Vuole che
ci si prenda cura di lei, che le si mentisca. Vuole essere usata e usare tutti nello stesso tempo. Belinda, io
veramente non credo che tu conosca tua madre, non come la conosco io. Belinda, non farmi questo, ti
prego».
«Non fare questo a te!».
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Se tu pensi di avermi visto incazzata, avresti dovuto vedermi allora. Scesi dal letto e cominciai a
picchiarlo e a urlare e gli dicevo di uscire e di tornare da lei. «Fare questo a te!», continuavo a gridare. E
allora lui mi afferrò e cominciò a scuotermi e sembrava un pazzo.
«Belinda», disse. «Che Dio ti maledica, sono un essere umano, questo è quello che sono».
«Che cazzo significa?», gli chiesi. Si sedette con i gomiti sulle ginocchia sul lato del letto. Disse che si
sentiva sempre più stressato e che se lui fosse scoppiato sarebbe scoppiata anche mamma.
«Senti, tesoro, siamo tutti nella stessa barca, non capi-sci? Lei sta facendo soldi a palate e questi sono
soldi tuoi, stiamo nelle stesse acque. Per favore, non mi abbandonare, ora, amore, per favore».
Scossi la testa. Fare soldi a palate. Che potevo dire?
«Torna a casa», disse, prendendomi la mano. «Soppor-ta con me, Belinda. Te lo giuro, amore, il tempo
che posso trascorrere con te, è tutto quello che mi è rimasto».
«Veramente pensi che potrei farlo, Marty?», domandai.
In quel momento cadde a pezzi. Pianse e pianse e anche io piangevo ma ormai si era fatto tardi e lui se
ne doveva andare. Se non fosse stato a casa, quando lei si fosse svegliata alle cinque di mattina, sarebbe
scoppiato l'inferno.
Si vestì e disse: «Lo so cosa pensi di me. So cosa io penso di me stesso. Ma Cristo, non so cosa fare.
Quello che so è che se tu non torni, non potrò fingere ancora a lungo, ti sto dicendo la verità».
«Quindi, il mio compito è di mantenere tutti uniti, è questo quello che stai dicendo? Marty, quante volte
credi che io l'abbia fatto, per lei? Quante volte pensi che io abbia semplicemente inghiottito tutto e fatto
quello che doveva essere fatto perché tutto andasse bene per mamma?».
«Ma lo faresti per tutti noi, tesoro. Per me, per te, per lei. Non capisci. Ascolta, quelle gallinelle del
Texas presto se ne andranno, so che è così. E non ci sarà nessun altro in quella casa tranne quelle
creature, la massaggiatrice, l'infer-miera, quella parrucchiera pazza e io e lei. T'avverto, tirerò quella
pistola fuori dal cassetto del comodino e mi farò saltare le cervella o qualcosa del genere. Io mi sento
impaz-zire».
Non avevo altro da dire. Aspettavo solo che se ne andasse. Era già in ritardo. Pensavo di chiamare
G.G. per domandargli, sempre che la cosa non desse fastidio a Ollie Boon, se potevo andare a stare con
loro, ma sapevo che non avevo ancora il coraggio di farlo.
Poi mi resi conto che Marty non se ne stava andando. Se ne stava in piedi vicino alla porta.
«Tesoro, io e lei... ci sposeremo», disse.
«Cosa?».
«Grande matrimonio all'aperto, vicino alla piscina di casa. La pubblicità comincerà oggi».
Non dissi una parola.
Allora Marty mi fece un discorso. Con una calma per lui insolita.
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«Ti amo, Belinda», disse. «Ti amo come non ho mai amato nessuna prima d'ora. Forse tu sei la ragazza
graziosa che non ho mai avuto al liceo. Forse sei il tipo di ragazzina ricca e raffinata che non ho mai [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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