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tradiva niente di quello che c'era stato tra noi, geloso di ogni suo passo. Sono tornato
su, e il mio nuovo appartamento era vuoto, sembrava che Maria si fosse portata via
anche l'aria da respirare. Mi sono rivestito, e non riuscivo a guardare in nessun punto,
fermarmi in nessun punto senza sentire la sua mancanza che mi passava attraverso
come una lama sottile. Cercavo di immaginarmela che saliva le scale di casa sua, e
entrava nel minuscolo soggiorno pieno di tracce e telefonate di un altro uomo. Me la
vedevo in Sicilia mentre girava il film: gli sguardi per lei del regista, dei tecnici della
troupe. Mi chiedevo se il mio dispiacere di poco prima le avrebbe dato un motivo di
nostalgia o l'avrebbe solo fatta sparire; se aveva ragione Polidori quando parlava
della legge della bilancia o invece i sentimenti rispondevano a ragioni più complesse
e meno prevedibili, diverse ogni volta a seconda di chi li provava.
Camminavo avanti e indietro, respiravo male. Poi ho sentito chiamare
«Roberto!», ed era la voce di Polidori, mi sono affacciato alla finestra.
Guardava in su nella piazzetta, ha detto: «Niente citofono né niente?».
Sono sceso ad aprire, almeno in parte rincuorato all'idea di potergli parlare,
trovare riparo nella sua intelligenza non convenzionale. Mi ha seguito su per le scale
con il suo solito passo da scalata, sembrava di buon umore.
Ha detto: «Certo è un quartiere più allegro della mia collina-cimitero, se non ti da
fastidio il rumore e la confusione e non ti importa dei ristoranti fasulli e dei turisti».
«Si, è molto allegro», ho detto io, anche se mi sembrava più desolato del
quartiere di Bedreghin, adesso che Maria se n'era andata.
Polidori si è guardato intorno nell'appartamento vuoto, aveva un'aria divertita. Ha
detto: «Be', non è male, no».
«E magnifico», gli ho detto io. «Ma non posso accettare».
«E perchè?», mi ha chiesto lui, saggiando con una mano il divano dove avevo
abbracciato Maria.
«Perché hai già fatto fin troppo per me», ho detto.
Lui è andato verso la stanza da letto, ha detto: «Non fare lo scemo, Roberto. Non
è un regalo, è un investimento per farti lavorare meglio. Ormai mi sono talmente
compromesso come tuo sponsor, non posso più permettermi che tu tiri fuori un
bidone».
«Si, ma non posso accettare lo stesso», ho detto io. Avrei voluto dirgli di non
entrare nella stanza da letto, mi sembrava una specie di profanazione.
Lui ha detto: «Piantala, Roberto. Non lo capisci che mi fa piacere? Che è come
fare qualcosa per interposta persona?».
Per fortuna ha dato solo un'occhiata ed è tornato verso il soggiorno, con le mani
nelle tasche del suo completo scuro. Ha detto: «Starei anch'io in un posto così, se
potessi. Con solo lo stretto indispensabile, una vecchia macchinetta portatile per
scrivere e un divano per sedersi e un tavolo per mangiare e un letto per fare l'amore».
Mi è venuto l'impulso di trattenerlo ancora li dentro, fare esorcizzare dalla sua
presenza le ombre che mi dividevano da Maria. Gli ho detto: «Ti posso offrire solo
dell'acqua».
«Va bene l'acqua», ha detto Polidori. «Ma adesso andiamo».
Ho portato due bicchieri e mi sono seduto per terra con le spalle al muro, lui si è
seduto sul divano. Mi ha chiesto: «Il libro?».
«Vado avanti», ho detto io.
«E quando pensi di finirlo?», mi ha chiesto.
Sentivo la pressione impaziente delle sue aspettative mentre mi guardava.
Gli ho detto: «Presto. Ci sto lavorando molto», senza riuscire davvero a pensarci,
come uno studente lazzarone con il suo professore.
Polidori ascoltava le voci dei passeggiatori notturni dalle finestre socchiuse, ha
detto: «E primavera, quasi». Poi di punto in bianco mi ha chiesto: «E Caterina?».
«Caterina sta bene», gli ho detto io, ma la voce mi si è incrinata mentre lo dicevo,
ho dovuto distogliere lo sguardo.
Polidori ha detto: «E una ragazza preziosa, non credere che se ne trovino tante
come lei. E intelligente, e carina, e ha un così buon equilibrio interiore. Mi ha
colpito molto quando siete venuti in campagna».
Non mi ero reso conto che lui l'avesse osservata tanto bene; avevo pensato che le
sue attenzioni per lei fossero quasi solo una cortesia nei miei confronti. Mi colpiva il
fondo di rimprovero amichevole nella sua voce, o di rammarico non dichiarato.
«Lo so», gli ho detto. «Le sono enormemente affezionato». Facevo sempre più
fatica a sostenere questa conversazione; non sapevo se cercare di cambiare
argomento o chiedergli ancora una volta consiglio.
«Però?», ha chiesto lui.
«Niente», gli ho detto. «C'è quest'altra ragazza e non sono mai stato preso in
questo modo. Credo che farei qualunque cosa per lei».
Polidori ha sorriso; ha detto: «Non capisco perchè tu debba mettere in conflitto le
due cose».
«Perché lo sono», gli ho detto io. «Lo sono».
Polidori ha detto: «E saresti disposto a lasciare Caterina per lei?».
«Credo di si», gli ho detto. «Sarebbe come tagliarmi un braccio, ma credo di si».
Ho finito di un sorso il mio bicchiere d'acqua, senza avere nessuna sete. Ho detto:
«Perché è come se Maria avesse tutto quello che mi ero sognato di una donna fino a
questo momento».
«Si chiama Maria, la ragazza misteriosa?», ha chiesto Polidori.
«Si», ho detto io. «Però neanche quando stiamo facendo l'amore mi sembra di
riuscire ad arrivarle abbastanza vicino. C'è questa specie di ombra tra di noi, una
specie di distanza insuperabile di cose non dette. Credo che non si sia ancora lasciata
con il suo uomo, ma di notte non lo vede mai, e non riesco a chiederle niente».
Lui mi guardava pensieroso, con il bicchiere d'acqua in mano. Alla fine ha detto:
«Non credo che tu debba fare niente, Roberto. Lascia perdere le braccia tagliate e le
scelte drammatiche. Goditi questa Maria finchè c'è, non hai nessun motivo di perdere
una donna come Caterina».
«Ma non posso», gli ho detto. «Non sono capace di tenere equilibri complicati,
come dici tu. Non so se è una questione di generazioni o cosa, ma non ci riesco.
Vorrei chiarire tutto, avere solo lei».
Mi sono alzato, ho spalancato del tutto una delle due finestre per fare entrare aria.
Polidori ha detto: «Le passioni si esauriscono tutte, Roberto. E nella loro natura.
Del resto sarebbe ridicolo se durassero per sempre. Prova a immaginarti, due persone
che dopo aver passato dieci o venti anni insieme continuano ad avere la stessa ansia
reciproca di quando si sono conosciute? Sarebbe una specie di farsa, o un caso
clinico».
Il suo modo di vedere le cose dal di fuori adesso mi esasperava; mi sono alzato,
gli ho detto: «Parli sempre come se ci fossero delle regole a cui non ci si può
sottrarre». [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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