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loro il piú piccolo consiglio, non muoveva un appunto
alle loro acconciature, per vederle un pochino meno
buffe, pareva invece che piú lo erano e piú gli procuras-
sero piacere. Lasciava che fossero loro senza riserve,
purché fossero contente, spingendole fino a Viareggio e
a Montecatini durante l estate.
Le recluse videro il mondo, la vita, videro dove e co-
me si muovessero le donne che portavano sotto la veste
il frutto delle loro fatiche, del loro amore, e che da qua-
rant anni servivano con fedeltà cieca. Ne rimasero abba-
gliate e sgomente, attratte e scoraggiate. Tornando a
Santa Maria e riprendendo il lavoro, si guardavano at-
torno incerte, sospiravano, sbadigliavano prima di poter
ricominciare. La verità dov era? Parevano domandarsi.
Quelle fughe affascinanti e misteriose che aprivano loro
gli occhi facendo vedere tante cose, le invecchiavano,
toglievano la freschezza, la forza, la fede, e lavorando si
sentivano indifferenti, distratte, il pensiero vagava lon-
tano e le clienti dovevano ripetere le cose per farsi capi-
re, quelle cose che avevano sempre capite prima che
fossero espresse. Rifiutavano lavori troppo di fatica e
miravano solo all utile, al maggior utile possibile, giac-
ché il bisogno di denaro era forte e urgente. Anche la
clientela cambiava a poco a poco, non era piú quella di
un tempo, accettavano lavori di second ordine, da gente
mediocre, scegliendo dove ci fosse da guadagnare con
maggiore rapidità, fidandosi dell incompetenza e del
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Letteratura italiana Einaudi
Aldo Palazzeschi - Sorelle Materassi
dubbio gusto di un ceto meno raffinato e sapiente. I lo-
ro occhi d altronde, attraverso lenti sempre piú spesse,
chiedevano di essere dispensati dalle grandi avventure
dell ago. Avevano preso delle scolare per farsi aiutare,
per poter disimpegnare una mole di lavoro piú grande.
E trattavano il lavoro con freddezza, avvertendone il pe-
so, simile al giogo, come la fonte indispensabile dei gua-
dagni. Prima si sarebbero ribellate per un esecuzione
che non avessero ritenuta perfetta in ogni particolare,
degna del loro nome, avrebbero visto su di esso una
macchia incancellabile; ora alzavano le spalle e finivano
per concludere che era anche troppo quello che faceva-
no, e pareva godessero nell accorgersi come gli altri non
scoprissero i trucchi, i ripieghi, le deficienze, quanto
fosse facile ingannare e far passare per autentica una
bellezza soltanto apparente. Si facevano aiutare da mani
mediocri o inesperte, trattavano il lavoro come la perso-
na che si è amata troppo, con tutto l essere, e per cui ad
un certo momento sia cessato l amore; quella persona
alla quale non era possibile scoprire un punto, un atto
che non fosse bello, perfetto, sul conto della quale non
era ammissibile il dubbio, l incertezza, un sospetto, il
giudizio, né di poterlo tollerare per parte di altri, ora
mostrava i fianchi alla critica, si era scettici sul conto
suo, mostrava le rughe, le grinze e vi era, nel riconoscer-
lo, un piacere acre, se ne parlava con distacco. Come
erano lontani i giorni di quando Carolina aveva trasfuso
il proprio sangue nelle ferite di Cristo sulla croce, e li-
brato la propria anima nell incorporeo candore di
quell ostia, nella stola del Santo Padre.
Anche il vicinato non era piú quello: quando le sorelle
stavano alla finestra per godere il passeggio domenicale,
o per vedere i soldati in fretta e furia correvano al cancel-
lo; avevano un bel passare le milizie, squillando trombe e
rullando tamburi, cantando canzoni patriottiche o no-
stalgiche, scuotendo la casa col peso degli affusti. Da tan-
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Aldo Palazzeschi - Sorelle Materassi
ti anni non andavano nemmeno piú a Fiesole per la fiera
del 4 di Ottobre. Ora nessuno si arrischiava dentro il
cancello senza una ragione plausibile, importante, solo
per far due chiacchiere, ché l accoglienza di esse, come
l atteggiamento del visitatore, erano troppo cambiati. Né
si occupavano di sapere quello che succedesse fuori della
loro casa che le assorbiva tutte. Il vicinato scappava fuori
soltanto per vederle partire in automobile, la distanza era
divenuta troppo grande. Dall arrivo di Remo questa di-
stanza era aumentata progressivamente.
Remo, nel circondario, non era amato da nessuno ma,
come sempre i forti, temuto e rispettato da tutti.  Povere
Materassi! Povere Materassi! Dicevano parlando di lui,
chiedendosi dove prendeva il denaro per fare la gran vita,
giacché di lavorare non se ne parlava neppure. Da ogni
parola, attraverso l astio e l invidia scappava fuori l ammi-
razione. Le ragazze lo rassomigliavano ai divi del cinema-
tografo piú scottanti, e chi sa quante volte, come un prin-
cipe azzurro, prendeva posto nei loro sogni. Il suo corpo
aveva una plastica incantevole.  Povere Materassi! non
si stancavano di ripetere. E vedendole partire in automo-
bile:  Si sono date alla pazza gioia! Come il nonno! dice-
vano rimproverando loro le debolezze verso il nipote.
 Come il padre! rimproverando le loro. Un ora di smar-
rimento e di spensieratezza cancellava senza pietà ses-
sant anni di dolore e di rinunzie. E se talvolta Remo
scambiava poche parole con alcuno, quello lo riteneva un
onore personale, e raccontava a tutti la conversazione
avuta con lui, aggiungendovi molto del proprio, si capi-
sce, vantandosi di conoscerlo, di potergli parlare, d esser-
gli amico, goderne l intimità, riceverne le confidenze.
Qualche cosa di oscuro alitava sopra la casa da alcuni
giorni, si addensava misteriosamente, invisibilmente, di
cui Niobe ebbe il privilegio della rivelazione e passata,
con infinite reticenze e circospezioni, dalla sua custodia
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Letteratura italiana Einaudi
Aldo Palazzeschi - Sorelle Materassi
in quella delle padrone. Niobe era divenuta per la prima
volta, meditabonda e seria davanti alle vicende della vita.
Finché un giorno, fidando di un assenza di Remo e
mandata Giselda a Firenze con una lista di commissioni
che non finiva piú, dalla porticina del campo venne in-
trodotta una giovine e attraverso la cucina fatta entrare
nel salotto da pranzo.
Un agguato? Un ratto? Un complotto? Una fuga?
L atmosfera venutasi a formare intorno a questa ap-
parizione era cosí fantastica da giustificare tutte le pos-
sibilità del romanzo o del dramma. E quello che piú ec-
citava la fantasia era la prodigiosa bellezza della
giovane: di un corpo superbo, alta e bionda, con gran-
dissimi occhi azzurro carico, le labbra vermiglie e le
guance rosate appena. Colori per cui non è esagerato ri-
correre, come si fa in certi casi, agli splendori di tutti i
giardini terrestri e celesti. Per la fierezza del portamen-
to e l espressione dolorosa del viso, ella appariva una
principessa che una sciagurata convergenza avesse fatto
fuggire vestita da povera.
Fu fatta sedere intorno alla tavola e in fronte, l una vi-
cina all altra, sedettero le sorelle facendo nido rattrappi-
te, quasi volessero ricuperare con la vicinanza dei corpi
il calore sottratto da uno stato d animo agghiacciante, e
proteggersi con la persona a vicenda. Né sapevano come
incominciare un discorso che non poteva, si capiva subi-
to, essere iniziato dalla ragazza. Non era possibile imma-
ginare quale parola potesse uscire da quella bellissima
bocca percorsa da un brivido quasi febbrile.
Ma fu proprio lei ad incominciarlo, senza articolare
una sillaba. Abbassando ancor piú la testa fino a toccare
il petto col mento per l istinto di nasconderla, e senza
avere la forza di nasconderla con le mani, si dette a pian-
gere compostamente, sforzandosi di smorzare il rumore, [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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