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re tutti dal dentista. Credimi, gli ospiti non avranno occhi che per le tue
gonne e i tuoi muumuu hawaiani.»
«Bene. Molto bene. Perché sai, Jazzy, credo che il mio vero e autentico
genio sia racchiuso tutto in quei vestiti.»
«Sono d'accordo. Sto facendo del mio meglio affinché si accorgano del
tuo stile e del tuo talento, qui alle Hawaii. Il lei di conchiglie che hai dise-
gnato è splendido, così ricercato.»
«Sai quanti giorni ho passato al Seashell Museum per esaminare quello
reale che metteranno all'asta? Quanti? Credi che quell'idiota del direttore si
sia fidato a prestarmelo? Avrei potuto portarlo a casa e farne una replica
perfino migliore, ma non è stato possibile.»
«Dopo il furto di tanti anni fa, credo abbia paura.»
«Come uomo d'affari, non vale niente.»
«Non è mica una colpa.»
«Se io mi presentassi alle riunioni scalzo, non credo che la gente sarebbe
disposta a fare affari con me.»
«Claude.» Jazzy aveva adottato il suo tono più confortante. «Il ballo del-
la Principessa sarà un successo enorme per noi. Avrai l'attenzione che me-
riti.»
«Lo spero. Parto stasera. Verrai a prendermi all'aeroporto?»
«Naturalmente.»
«Mi hai riservato una stanza al Waikiki Waters per il fine settimana?
Voglio accertarmi che i miei vestiti siano in quei sacchetti regalo.»
«Ti ho prenotato una suite.»
«Che cosa farei senza di te?» si chiese Claude a voce alta.
«Non lo so», rispose Jazzy.
Conclusa la telefonata, la donna salì al piano di sopra, dove Steve stava
leggendo la pagina sportiva mentre sorseggiava il caffè.
«Dove sono i ragazzi?» chiese Jazzy versandosi una tazza del delizioso
caffè di Kona.
«Sono andati in spiaggia.»
«E tu?»
«Passerò la giornata con Kit in albergo.»
«Sono diretta anch'io al Waikiki Waters. Mi dai un passaggio?»
«Certo. Ho appuntamento a mezzogiorno.»
«Perfetto. Potremo pranzare insieme.»
Steve sollevò gli occhi dal giornale. «Benissimo.» O almeno lo spero,
pensò. Kit gli piaceva e voleva passare un po' di tempo da solo con lei. La
sua amica Regan era nei paraggi, ma non sembrava tipo da intromettersi.
Non era mica Jazzy.
«Allora!» tubò la ragazza bevendo il primo sorso di caffè. «Sembra che
questa Kit ti piaccia. Forse dovresti fare un'offerta per il lei e regalarglie-
lo.»
«Non lo so.» Steve le tese il giornale che riportava l'articolo su Dorinda
Dawes. «Quelle collane sembrano maledette. Hai presente la leggenda sul-
la lava di Big Island? Se ne porti via un frammento, ti attirerai un sacco di
guai. Qualcosa mi dice che per i due lei è la stessa storia. Appartenevano a
una regina che fu costretta ad abdicare e a una principessa che morì giova-
ne. Chi potrebbe volerli?»
«Be', non parlarne troppo in giro», fece Jazzy un po' seccata. «A Claude
verrebbe un colpo. Vuole che tutti amino quei monili. Sai, sono il logo dei
suoi tessuti.»
«E noi non vogliamo sconvolgere Claude.» C'era una nota di sarcasmo
nella voce del giovane.
«No», rise Jazzy. «Sicuramente no.»
27
Regan e Kit si sedettero sugli sgabelli del bar all'aperto e ordinarono due
limonate. Sopra il bancone c'era una pila di volantini con la pubblicità dei
corsi di hula che si tenevano in albergo. Kit si era pettinata all'indietro i
capelli umidi e profumava di crema abbronzante.
«È stato divertente, Regan. Vorrei ci fossi stata anche tu.»
«Andrò a fare una nuotata oggi pomeriggio. Con chi eri?»
«Sono andata a fare una passeggiata sulla spiaggia e ho attaccato discor-
so con delle persone che si preparavano a uscire con il catamarano dell'al-
bergo. Quando mi hanno invitata, mi sono detta, perché no? Qui sono tutti
così amichevoli.»
«Sai che non dovresti parlare con gli sconosciuti», rise Regan.
«Se non lo facessi, la mia vita sociale sarebbe una tale noia.» Kit si
guardò intorno, poi riprese a voce più bassa: «Ma c'erano due sconosciuti
con cui non parlerei tanto volentieri. La coppia che ci sta fissando».
Regan lanciò un'occhiata all'uomo e alla donna di mezza età seduti pochi
sgabelli più in là. Erano entrambi esili e con i capelli grigi, e in qualche
strano modo si assomigliavano... come succede alle coppie che vivono in-
sieme da anni. Entrambi indossavano smisurati occhiali da sole e identici
berretti mimetici che li rendevano ancora più simili. Dove diavolo se li e-
rano procurati? si chiese. La donna intercettò il suo sguardo e alzò il bic-
chiere.
«Salute», disse.
«Salute», rispose Regan.
«Da dove venite voi bambole?» chiese l'uomo.
Detesto essere chiamata bambola, si disse Regan. «Los Angeles e Con-
necticut. E voi?»
Lui rise. «Da un posto dove piove molto.»
Il che spiegherebbe i berretti, pensò Regan.
«Vi state divertendo?» insistette l'uomo.
«Come si fa a non divertirsi, qui?» costatò Regan.
La donna alzò gli occhi al cielo. «Noi siamo con un gruppo e a volte gli
altri mi danno sui nervi. Passiamo molto tempo da soli.» Bevve un sorso
del Martini che aveva davanti.
Roba forte a quest'ora, considerò Regan. E con questo sole, poi.
L'altra posò il bicchiere. «Io sono Betsy e lui è mio marito Bob.»
A Regan non sfuggì la fugace occhiata infastidita che Bob lanciò alla
moglie. Chissà che cosa c'è sotto, si chiese. «Mi chiamo Regan e lei è la
mia amica Kit.»
Era evidente che Kit non era per niente interessata alla coppia. Stava
pensando a Steve. Quei due, invece, avevano una gran voglia di chiacchie-
rare.
«Di che cosa vi occupate?» le chiese Bob.
Ecco che ci siamo, sospirò Regan. Era una domanda che a volte la met-
teva a disagio. E dato che in quel momento stava appunto lavorando, era
escluso che potesse dire la verità. «Consulenze», si accontentò di risponde-
re. Suonava vago e di solito la gente non approfondiva. «E voi?»
«Stiamo collaborando alla stesura di un libro che insegna come mante-
nere vivo l'entusiasmo in un rapporto di coppia», esclamò Bob tutto tron-
fio.
Come per esempio indossare berretti uguali. «Oh», fece mentendo. «In-
teressante.»
«Lei deve essere fidanzata», interloquì Betsy, «vedo un bellissimo anel-
lo al suo dito. Dov'è lui?»
Ho capito, sono ladri di gioielli! pensò Regan divertita. Sapeva di coppie
che attaccavano discorso con qualche cliente nei bar, lo stordivano con
l'alcol e poi lo rapinavano. «È a New York», rispose. Poi cambiò subito di-
scorso: «Parteciperete al ballo della Principessa?»
«Ne dubito», rispose Bob. «I biglietti sono cari e le responsabili del no-
stro gruppo tengono ben stretti i cordoni della borsa. La nostra è una va-
canza tutto compreso, il ballo non è contemplato nel pacchetto.»
«In ogni caso sono tutti esauriti.»
«Allora non abbiamo alternative», disse Bob con una risata.
«Potete sempre prenotarvi per la lista d'attesa.»
Kit le allungò una gomitata. «Regan», bisbigliò, «sta arrivando Steve.
Guarda chi c'è con lui. Non posso crederci.»
Voltandosi, Regan vide Steve e Jazzy fare il giro della piscina e puntare
verso di loro. La ragazza agitò il braccio in segno di saluto.
«Ma come ci riesce?» brontolò Regan.
«Vorrei saperlo», rispose Kit con un sospiro.
«Ricorda, non accennare al fatto che sto lavorando per Will.»
«Le mie labbra sono sigillate», promise l'altra.
Regan si rivolse a Betsy e a Bob. «È stato un piacere parlare con voi.»
«Spero di rivedervi», disse Bob alzando il suo Martini.
«Salve, ragazze», trillò Jazzy avvicinandosi. «Ho avuto parecchio da fa-
re oggi: preparare i gadget, parlare con la segretaria del direttore dell'hotel
per accertarmi che fosse tutto pronto, e non so che altro. Ma Steve mi ha
invitata a pranzare con voi e non ho potuto dire di no. Spero non vi di-
spiaccia.»
«No, figuriamoci», replicò Kit senza troppa convinzione.
Si assicurarono un tavolo per quattro all'aperto, sotto un ombrellone e
coperto da un lato da un grande banano. I bambini giocavano in piscina e
l'aria profumava di creme abbronzanti. La spiaggia si stendeva all'infinito
davanti a loro e il sole splendeva proprio sopra le loro teste. Era un tran-
quillo mezzogiorno alle Hawaii e la gente si rilassava e se la godeva.
Regan faticava a credere che la costa orientale fosse ancora stretta nella
morsa della tormenta. Laggiù, i residenti si proteggevano con abiti pesanti,
mentre lei e i suoi compagni sfoggiavano vestiti estivi e costumi da bagno. [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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